mercoledì 1 febbraio 2012

blog febbraio 2012


 



Blog febbraio 2012

Due stati di essere contrastanti e illusori: povertà e ricchezza



                Di questi tempi non si parla d’altro che di cittadini  ricchi e poveri, povertà e ricchezza; considerando e valutando i due stati sociali soltanto dal punto di vista materiale, cioè sulla base della quantità di soldi, beni  e proprietà a disposizione, al di sopra di una certa soglia si è ricchi, rispetto al fisco, al di sotto, si è poveri, senza però considerare qualità, caratteristiche particolari, modi di essere e comportarsi che descrivono con maggiori particolari lo stato di essere ricchi o poveri.

            Il ricco, secondo l’opinione comune, è colui che nella dichiarazione dei redditi annuale al fisco, se la fa, denuncia tante decine di migliaia di euro e/o di beni e proprietà per cui si presume che abbia un potere di acquisto notevole nella società in cui vive potendo procurarsi qualsiasi cosa in rapporto al suo reddito: case, beni e proprietà, auto, viaggi, yacht e servizi di ogni genere, quindi il ricco si configura come un individuo che si può permettere molto.

           Le persone comuni pensano che il ricco sia felice, che abbia raggiunto uno stato di essere di pienezza, di sicurezza (economica, sì) interiore libero da paure, ansie e preoccupazioni e che abbia capito il senso profondo della vita, dato che non deve combattere per pagare bollette, servizi e spese quotidiane.

            Tale pensiero è il più illusorio ed errato che si possa formulare; infatti, ogni essere umano è conformato in maniera tale da sentire esigenze di carattere spirituale (logica dell’essere) e materiale (logica dell’avere), per cui di fronte a tali richieste naturali,  gli individui si comportano secondo la loro legge interiore e il modo di concepire l’esistenza che rispecchia il loro rapporto karmico con la vita. La ricchezza e la povertà sono aspetti in certo modo secondari, contingenti.

           Conosco gente ricca e benestante che come mentalità è più povera del più spiantato disoccupato che ruba per vivere, perché è attaccata ai soldi, alle sue proprietà, ha paura di spendere, di essere derubata o ingannata, è bloccata nella mente, spera solo di mantenere il proprio stato di sicurezza economica fino alla morte e oltre…. In realtà per tali persone la ricchezza è una terribile illusione, sanno di possedere sostanze e beni ma non godono gli effetti del loro benessere, della sicurezza almeno di fronte alle richieste quotidiane, non viaggiano per conoscere e divertirsi, non spendono per approfondire e sviluppare le proprie doti e potenzialità o per aumentare il proprio bagaglio di conoscenze, di cultura e di esperienze.

          Allora ci si domanda:- Ma a che serve la ricchezza a tali persone? Secondo il buon senso alcuni ricchi sono svantaggiati e condizionati negativamente dal benessere che li blocca mentalmente, mentre altre persone, povere, senza risorse materiali in realtà si godono la vita meglio di loro in quanto la loro mente è occupata da pensieri positivi, di piacere, di soddisfazione per cose semplici e naturali, godono appagate quel poco che hanno sfruttandolo al meglio; tale corrente di pensieri suscita in loro uno stato reale, non illusorio, di benessere mentale che li accontenta. Non è difficile incontrare persone vestite con indumenti di poco prezzo, comprati sulle bancarelle dei mercatini rionali, spesso anche usati, comportarsi con un tocco di signorilità, eleganza e misura, che non corrispondono affatto al loro stato sociale di bisogno, di ristrettezze ma al loro stato mentale di abbondanza, ricchezza e benessere; parlare con loro è una bella esperienza perché i fatti della vita da loro raccontati assumono un colore diverso, più caldo e umano, più positivo e sicuro.

          Quindi, la ricchezza esteriore, l’opulenza e il lusso rare volte sono l’espressione di un animo elevato, di un certo spessore e livello mentale e spirituale, sono manifestazioni karmiche da rispettare in quanto effetti di chissà quali cause remote in altre vite che, se non utilizzate in questa, secondo la precisa legge che governa il denaro: produzione, potere, uso e risparmio, si disperdono senza alcun frutto; infatti, il ricco ha il dovere di usare consapevolmente le conseguenze positive del suo operato in altre vite, acquisite probabilmente anche con sacrifici e privazioni, perché la ricchezza non dura oltre questa vita, se non usata ragionevolmente anche a servizio del prossimo, non come dono ma come mezzo per creare a sua volta ricchezza. Il ricco è più sfidato dalla vita  in quanto ha continue occasioni per mettere alla prova le sue doti di equilibrio, di misura nell’uso della ricchezza, di controllo dell’impulso di preponderanza, di sopraffazione, di dominio dei suoi ego che potrebbero scatenarsi nel cattivo uso della libertà, di rispetto del più debole, di altruismo e generosità, di non condizionamento dallo stato di benessere che potrebbe soffocare l’impulso alla crescita spirituale; il ricco, se consapevole e animato dal desiderio e dalla volontà di maturare anche spiritualmente, ha molte possibilità di utilizzare questa vita come una palestra di prove e sfide evolutive.

           Comunque, ancora una volta osservando i fatti del mondo spassionatamente si può capire il valore e il senso del pensiero: ciò che penso, sono,  per creare nuove cause di un destino più favorevole anche materialmente; infatti, chi attualmente non ha sicurezze materiali, può acquisirle sforzando la sua volontà a creare situazioni, occasioni favorevoli seguendo un certo programma di lavoro psicomentale ben studiato e mirato, sostenuto da un adeguato supporto di pensieri positivi (formule di autoterapia o autoaffermazioni). Qualcuno, magari fra quelli che si ritengono concreti con i piedi a terra, sorriderà sostenendo che è difficile per una persona, se non addirittura impossibile, modificare solo con il pensiero le sue condizioni attuali di carattere economico; la realtà di alcune esperienze fatte da persone molto interessate a migliorare le proprie condizioni, contraddicono quelle affermazioni negative che ostacolano qualsiasi tentativo di rinnovamento e miglioramento, che sono le premesse di un nuovo modo di concepire la esistenza segnata dal karma passato.

            Quindi, pensarsi ricco, significa esserlo; ci sono tuttavia diverse persone che, pur avendo benessere ricchezza e proprietà, pensano male cioè hanno paura di perdere i loro averi, temono di essere derubate ingannate…..pertanto pensano da povere e lo sono mentalmente, non godono dello stato di benessere che hanno. Viceversa, altre che, pur non avendo sostanze materiali, pensano in modo molto positivo, spendono e spandono quel poco che hanno e conducono  esteriormente una esistenza da signori, questi sono i veri ricchi nell’animo e nella mente, si godono la vita, gli altri, no!!!

            In tutte le situazioni della vita molto spesso siamo soggetti all’illusione delle apparenze, giudichiamo da ciò che ci appare senza penetrare nell’essenza vera delle cose, dell’essere, specie delle persone. Povertà e ricchezza sono i due stati umani più appariscenti ma ingannevoli, basta liberarsi dai luoghi comuni e dalle ingannevoli apparenze per entrare nella logica dell’essere, in cui ci si renderà conto di cosa significhi essere ricchi o poveri secondo la legge reale del pensiero: se mi penso ricco, lo sono, se mi penso povero, lo sono.  E’ molto interessante sperimentare questi due stati di essere perché si può capire la chiave della legge della vita spirituale: l’energia pensante, unico e reale strumento di crescita e trasformazione individuale.